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CASTELLABATE: COSI' NE HANNO SCRITTO

Mercoledì 17 Gennaio 2018

CASTELLABATE: COSI' NE HANNO SCRITTO

"Ha gloriosa Storia: normanni, bizantini, saraceni, francesi, spagnoli, signorotti e feudatari se la disputarono nel corso dei secoli non solo per la sua robustezza come fortezza, ma anche per la bellezza della sua posizione naturale. Ma andiamo alle origini.
Il territorio in cui si sviluppò Castellabate aveva visto, prima che sorgesse il castello, la presenza di longobardi e normanni. I longobardi depredarono queste terre, ma dopo la conversione al cristianesimo, operata dai benedettini, furono benefattori della zona.
Essi diedero anche il nome al colle su cui più tardi sarebbe sorta Castellabate (colle del Santo Angelo): erano, infatti, devoti di S. Michele Arcangelo. In questi territori ci fu anche la presenza dei monaci basiliani profughi dell'oriente, la cappella di S. Sofia, l'eterna sapienza, ne è una testimonianza. 
Il lavoro più significativo fu svolto dai benedettini di Cava dei Tirreni: la loro opera fu talmente meritoria durante la dominazione normanna, soprattutto per le bonifiche della zona, che il principe Guglielmo I concesse loro il privilegio di costruire una fortezza per difendere le popolazioni locali dagli attacchi dei saraceni che, stabilitisi nell'attuale Agropoli, compivano scorrerie nella zona.
Il IV abate di Cava, San Costabile Gentilcore, inizio' allora la costruzione del castello: era il 10 ottobre 1123. Il paese si sviluppò intorno ad esso, prendendo così il nome di castello dell'Abate o Castellabate. San Costabile, eletto in seguito patrono di Castellabate, morì poco dopo aver iniziato la costruzione della fortezza ma l'opera fu proseguita dal suo successore, il Beato Simeone Abate V di Cava.
Questi, nel 1138, concesse ai sudditi del paese un diploma di privilegi larghissimi: donò ad essi le case che abitavano e le terre che coltivavano, ridusse a metà gli aggravi e fece costruire un porto nel 1124 che sviluppò il commercio. Il castello riuscì di valido presidio alle popolazioni della zona e Castellabate divenne col tempo la più ricca baronia del Cilento.
Nel 1835 un privato acquistò per soli 1.000 ducati l'antico palazzo baronale ponendo fine così alla presenza dei benedettini nel castello: ora il castello è di nuovo di loro proprietà.
In particolare la gente di Castellabate ha scritto gloriose pagine di storia risorgimentale tra le quali la battaglia contro le navi dell'ammiraglio Nelson assieme ai corsi, i moti del Cilento del 1848 che iniziarono proprio in queste terre.
Il paese ha conservato caratteristiche medioevali, con pietra grigia e case intercomunicanti." 

(dagli appunti di Mons. Alfonso M. Farina)

Santa Maria di Castellabate.

Le prime notizie storiche su S. Maria risalgono al 1767, quando il villaggio col nome di S. Maria a Mare passò con altri beni feudali da Parise Granito marchese di Castellabate al figlio Angelo.
Preesistente all’insediamento vi era nel luogo la chiesa di S. Maria “presso il lido del mare”, menzionata dal 1102 come possesso della Badia di Cava e ben distinta dalla vicina chiesa di S. Maria di Gulia, anch’essa di pertinenza cavense. Quest’ultima era ubicata a S. Marco di Castellabate ed è oggi scomparsa, mentre la chiesa di S. Maria sorta presso l’approdo marittimo detto nel medioevo Traverso, pur con notevoli trasformazioni sussiste ancora nello stesso sito dove fu edificata, se non prima, almeno nell’XI secolo. 
Il porticciuolo di S. Maria, pur essendo per il passato non meno che ora un semplice approdo naturale, rivestí una notevole importanza per la nascita, lo sviluppo e le vicende militari di Castellabate, ma solo nel XVI secolo vi fu costruita la torre di avvistamento costiero, oggi inglobata nel palazzo Perrotta, che a suo tempo diede una qualche forma di protezione al primo timido insediarsi nel luogo di pescatori e gente di mare, che allora e dopo, qui come altrove, venivano tenuti lontani dalla costa dalle incursioni dei pirati barbareschi, non meno feroci dei loro antenati saraceni. 
Di particolare interesse la Chiesa di S. Maria (orig. medioev. ma con sostanziali trasformazioni); torre costiera (XVI sec.); palazzo Granito (XVII sec.). Ed ancora, il banco roccioso che si estende lungo il litorale fra S. Maria e la località Lago, in quanto è interessato in tutta la sua lunghezza da una cava antica di blocchi e rocchi di colonna, di cui molti ancora in sito. 

(tratto con modifiche da: Storia delle Terre del Cilento Antico, a cura di Piero Cantalupo e Amedeo La Greca)

San Marco di Castellabate.

Area portuale fin dall'antichità, l'attuale San Marco è ricca di testimonianze di storia greca e romana: scavi archeologici hanno permesso di ritrovare reperti tombali custoditi presso il Museo di Paestum. 
E' proprio dietro l'attuale banchina che si può vedere quello che resta dell'antico porto greco - romano, mentre tracce evidenti segnalano agli espeti la presenza di antiche ville patrizie.
A ridosso dell'accogliente e delizioso centro, il bosco del Castelsandra è un parco naturale con diverse specie di vegetazione e sentieri naturalistici rilassanti. Attraverso un percorso naturale, sapientemente curato, costeggiando il mare, dal Porto si può arrivare alla Punta del Pozzillo. Al tramonto, è possibile assistere a tramonti di stupefacente bellezza, con all'orizzonte la sagoma di Capri e Punta Campanella

Ogliastro e Licosa.

La Baia di Ogliastro e l'isolotto di Punta Licosa sono due tra le zone meglio conservate del Cilento costiero e costituiscono un vero e proprio caposaldo per la storia ambientalistica italiana. In questo tratto di mare Pietro Dohrn e altri scienziati individuarono la prima area marina protetta italiana. Vicinissima alla costa, l'isoletta di Licosa (Leucosia, bianca), dove la mitologia classica colloca la sirena Leucosia, in uno scenario incantato dove sott'acqua si trovano resti di imbarcazioni romane e a terra spiccano le forme contorte di Pinus Alepensis, la pianta sacra dei Fenici che probabilmente qui la importarono e che cresce oggi spontanea, tra secolari Pinus Pinea, coltivazioni di ulivo, di vite e cespugli di ampelodesmus mauritanicus, pianta usata fino al secolo scorso per funi e cime per le imbarcazioni. 
Il fascino del posto è arricchito dalla suggestione del mito della Sirena Leucosia, che nella leggenda, innamorata, scomparve nel mare.

Lago.

Zona prosciugata dai monaci benedettini con il V Abate Simeone, nell'anno 1138, ai piedi del promontorio di Punta Tresino, folto di vegetazioni selvatiche, antico insediamento greco (Trezeni), si sviluppa il LAGO, divenuta frazione negli ultimi anni, grazie alla sua forte vocazione turistica. In prossimità dell'immensa spiaggia dorata rimangono, in grandi tratti, resti di macchia mediterranea e fiori particolari,ai lembi dell'antico sistema dunale.

A cura di Barbara Maurano